Caso clinico sulla prostatite cronica
Ragazzo di 23 anni, perito informatico, in apparente stato di buona salute fino a circa due mesi fa, quando comincia a lamentare un fastidio al perineo descritto come un” peso al cavallo dei pantaloni”. Con il passare delle settimane il fastidio si è fatto più intenso, con comparsa oltre che del senso gravativo anche di un vero dolore all’asta del pene e dolore intenso durante l’eiaculazione. Il paziente si è quindi rivolto al medico di base che ha dato una terapia con fluorochinolonici (ciproxin 500), per una settimana , ed ha prescritto una urinocoltura. Il paziente al termine della terapia decide di consultare l’urologo. Esibisce l’esito della urinocoltura che risulta negativo. Il paziente racconta di aver avvertito un miglioramento iniziale dalla terapia, ma che è durato pochi giorni, lasciando il posto ad un bruciore intenso anche durante la minzione. Durante la visita urologica, emerge dalla anamnesi che il paziente ha un alvo sostanzialmente diarroico da circa un anno. All’esame obiettivo la esplorazione digito rettale mostra una ghiandola dolente alla palpazione e di consistenza ridotta. L’urologo chiede inoltre di eseguire una spermiocoltura ed un test di stamey. Inoltre somministra il questionario sulle prostatiti NIH-CPSI L’esito degli esami colturali ha mostrato una spermiocoltura positiva per Enterococco fecale con una carica batterica di 800000 unità formanti colonie. Al test di stamey è risultato un enterococco con carica barretica di 500000 unità formanti colonie ed Escherichia coli con una carica batterica di 600000. Viene anche eseguito un antibiogramma che mostra una resistenza ai chinolonici ed una sensibilità verso i betalattamici (cefalosporine), ed una buona sensibilità verso il cotrimossazolo. Il questionario evidenzia una sintomatologia medio- grave. Viene pertanto fatta diagosi di prostatite cronica batterica. L’urologo decide di impostare una terapia antibiotica di 20 giorni con bactrim e cefixoral. Antidolorifico per i primi 3 giorni, successivamente al bisogno. Si richiedono anche dei test di intolleranza alimentare e vengono prescritti dei fermenti lattici per un mese. A distanza di un mese il paziente ritorna al controllo, dicendo che il dolore è passato ed è stata osservata alle prove di intolleranza, una intolleranza al lattosio. Si è pertanto impostata una dieta alimentare priva di latte e derivati per sei mesi, viene inoltre richiesto di ripetere gli esami colturali sul liquido seminale ( spermiocoltura e test di stamey). Al controllo semestrale il paziente riferisce di aver modificato il suo alvo, che si è normalizzato, le crisi di dolore e fastidi perineali si sono ridotti al punto che non ricorda quando ha avuto l’ultimo episodio. I test colturali risultano negativi, l’urologo conclude che il paziente è guarito, tuttavia consiglia di controllare l’alimentazione dal momento che gli episodi potrebbero ripresentarsi.
Discussione del caso clinico
Le prostatiti croniche rappresentano una problematica di non facile gestione. Le prostatiti, o più precisamente le infiammazioni delle vie seminali ( definizione che tende a considerare prostata, testicoli, vescicole seminali e deferenti, come una unità anatomica), vengono divise in almeno 5 categorie. La categoria uno racchiude le prostatiti acute batteriche che si manifestano con bruciori minzionali e febbre alta. Le prostatiti croniche batteriche sono racchiuse nella categoria due. Sono quelle infiammazioni croniche, non febbrili, che ad un esame colturale mostrano la presenza di batteri. Le prostatiti di tipo 3 di tipo a e di tipo b, sono infiammatorie, ma senza evidenza di batteri nel secreto prostatico. Tuttavia si rilevano globuli bianche nel secreto. Il tipo 4 si riferisce alle prostatiti croniche asintomatiche, con secreto positivo per leucociti e batteri. La sintomatologia può essere correttamente valutata con appositi questionari, il più utilizzato è il NIH-CPSI “ Chronic Prostatitis Symptom Index”. I sintomi vanno dal fastidio in sede perineale, scrotale, asta del pene, sovrapubico, disturbi irritativi minzionali. L’esame obiettivo mostra un dolore alla palpazione della prostata ed una consistenza ridotta alla palpazione. Si possono eseguire esami strumentali come una ecografia transrettale che può evidenziare segni ecografici di infiammazione come le calcificazioni intraprostatiche o più raramente ascessi intraprostatici. Gli esami colturali sono di importanza notevole, infatti permettono di differenziare le forme di prostatite cronica in batteriche ed abatteriche ed infiammatorie. Il vero problema è in realtà la gestione clinica del problema. La presenza di batteri ovviamente impone la necessità di eseguire una terapia antibatterica che non deve durare meno di 3 o 6 settimane. Questo perché risulta difficile per gli antibiotici penetrare nella prostata. L’assenza di batteri tuttavia complica la gestione terapeutica che impone un approccio sintomatico con utilizzo di antinfiammatori. Interessante è la valutazione di concomitanti patologie che possano favorire la infiammazione come l’intolleranza alimentare a determinati elementi che si accompagnano ad alterazioni dell’alvo. L’utilizzo di integratori è ad oggi piuttosto controverso. In commercio esistono numerosi prodotti a base di serenoa repens, mirtillo, melograno bromelina che è l’estratto dell’ananas, estratti e purificati in concentrazioni e livelli di purezza variabile. In realtà l’integratore non garantisce per definizione il trattamento di una patologia, di conseguenza il suo utilizzo è da riferirsi in quei casi in cui è richiesta una buona quota di autoconvincimento da parte del paziente, in altri termini si sfrutta quello che viene comunemente definito l’effetto placebo. Nei casi più ostinati di prostatiti abatteriche sintomatiche si è legittimati a parlare anche di dolore pelvico cronico che è alla base di un grosso insieme di sintomi la cui causa non è assolutamente chiara. Infatti si ipotizzano in questi casi meccanismi su base neuropatica, per i quali il trattamento risulta assolutamente empirica andando dagli antidepressivi, passando per gli analgesici per terminare con la riabilitazione del pavimento pelvico. Risulta ormai obsoleta la terapia topica della prostatite cronica che vede il suo razionale nell’iniettare farmaci antibatterici, cortisonici, antalgici direttamente in loco. Si è visto infatti che la terapia infiltrativa non sortisce alcun effetto in queste patologie. Non sembrano esserci correlazioni con l’attività sportiva, nemmeno con il ciclismo, motociclismo, equitazione. L’attività sessuale non andrebbe essere scoraggiata, al contrario in queste circostanze l’eiaculazione dovrebbe allontanare potenziali agenti infiammatori o batteri dalle vie seminali. Tuttavia queste rimangono speculazioni che non hanno un razionale scientifico comprovato. Altre volte il massaggio prostatico può alleviare la sintomatologia, si pensa che con la pressione energica sulla ghiandola si vadano a rompere micro ascessi che potrebbero essere il serbatoio di proliferazioni batteriche. Sfortunatamente non abbiamo al momento evidenze scientifiche che questa teoria sia vera o quantomeno sia attendibile.